sabato 19 febbraio 2011

Inno di Mameli - la Vittoria...che schiava di Roma Iddio la creò (mentre Umberto Bossi disse "Tiè!") - La riforma del console Gaio Mario e La Coorte Romana




Si è parlato molto dell'esibizione di Benigni al festival di Sanremo, seguita da circa 20 milioni di telespettatori.
L'attore comico toscano ha fatto l'esegesi dell'inno di Mameli e poi, senza musica, ha cantato la strofa più conosciuta, commuovendo tutti gli spettatori e telespettatori del festival.
Per  indagare l'etimologia della parola esegesi mi affido alla definizione tratta da wikipedia.it:
"In filologia, l'esegesi (in greco) è l'interpretazione critica di testi finalizzata alla comprensione del significato."
Durante la sua esposizione Benigni ha spiegato il vero significato alcune frasi e parole presenti nell'inno nazionale e sovente male interpretate dalla stragrande maggioranza delle persone (Ministro della Repubblica, Umberto Bossi compreso!)


Il primo passo che analizziamo è:

"Dov è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò."
Nel luglio del 2008, una delle persone più intelligenti, raffinate e colte d'Italia, il già citato proff. Umberto Bossi, divenne celebre per questa espressione: “L’Italia schiava di Roma? Tiè!” – a cui seguì un'elegante gesto con il dito!

Ma qual'è il vero significato della frase di Mameli?
Per prima cosa, come ha simpaticamente sottolineato Benigni al festival, il soggetto della frase è la vittoria, non l'Italia: dunque è la vittora schiava di Roma, non l'Italia.   
Nell'antica Roma alle schiave venivano tagliati i capelli, dunque la Vittoria dovrà porgere la sua chioma a Roma vincitrice perchè venga tagliata!

Il secondo passo che analizziamo è:
"Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte "

Quì l'equivoco nasce dalla parola coorte, spesso confusa con "corte", che indica l'insieme di personaggi (cortigiani), che circondano un sovrano o un uomo di particolare importanza.
In realtà la parola "coorte" fa riferimento all'esercito romano, definito da Benigni il più grande esercito della storia: le legioni romane furono divise in diverse coorti dopo la riforma del generale e politico romano Gaio Mario nel I
secolo a.c..
In sostanza fu abolito il vecchio sistema del reclutamento per censo e furono arruolati tutti i volontari in possesso
della cittadinanza romana e tutti diventavano fanti legionari.
Precedentemente a tale riforma l'esercito romano era
organizzato a "manipolo"; mentre il manipolo era una suddivisione tattica che permetteva una maggiore agilità su terreni irti e diseguali, la coorte aggiungeva potenza e compattezza, più adatte alle battaglie campali che venivano sempre più spesso affrontate dall'esercito romano.
Il console Gaio Mario creò un esercito permanente di volontari e suddivise la legione in 10 coorti; una coorte era composta di 600 soldati, cioè formata dall'unione di 3 manipoli, uno di hastati, uno di principes, uno di triarii, portati ciascuno a 200 uomini.

 
Per cui "Stringiamoci a coorte" significa "restiamo uniti fra noi combattenti", uniti a "coorte" e "pronti alla morte" per il nostro ideale.


(articolo correlato:
Patrioti italiani - Goffredo Mameli
Patrioti italiani - Angelo Masina (o Masini)
Patrioti italiani - Luciano Manara
Patrioti italiani - Ippolito Nievo
La Repubblica Romana
Le Cinque giornate di Milano)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Egregius, grazie per aver spiegato questi passi importanti nel nostro inno.
Vorrei farti due piccole osservazioni:

1. è "stringiamci", altresì non sarebbe possibile cantare "coorte", per un motivo di metrica.
2. "qual è" va senza apostrofo.

Un saluto.