Il nuovo Ministro del Lavoro del neo Governo Letta è Enrico Giovannini, nato a Roma il 6 giugno 1957, 56 anni, professore di statistica presso la facoltà di Economia a Tor Vergata, Presidente dell'Istat (Istituto nazionale di Statistica) dal luglio 2009, considerato a tutti gli effetti "uomo dei numeri"; Giovannini è stato anche direttore delle statistiche ( Chief Statistician e Director of the Statistics Directorate ) dell'Ocse tra il 2001 e il 2009.
Conosce perfettamente i "numeri" dell'economia italiana; il suo nome è salito alla ribalta il mese scorso quando Giovannini è stato inserito dal Presidente della Repubblica Napolitano nel gruppo dei 10 saggi.
Nel 2011 venne incaricato come Presidente dell'Istat di scandagliare la cosiddetta "economia non osservata" ("sommersa"), stimata proprio dall'Istat nel 16,9% del PIL.
Presidente dell'Istat negli anni della "spending review", Giovannini ha guidato una "rivoluzione silenziosa" all'interno dell'Istituto di Statistica nazionale fatto di taglio dei costi ottenuto con la digitalizzazione quasi integrare della raccolta dati.
Cosa pensa il nuovo ministro del mercato del lavoro?
Come "saggio" sul documento programmatico per l'emergenza dell'economia ha scritto:
"“Gli interventi sul mercato del lavoro devono essere adottati in un’ottica complessiva, valutando i pro e i contro delle diverse soluzioni, attraverso un dialogo continuo con le parti sociali....(....)...... Poiché l’attesa ripresa di fine anno sarà caratterizzata per un certo periodo di tempo da incertezze sulla sua durata e intensità, vi è il rischio che le imprese siano estremamente prudenti nel procedere ad assunzioni a tempo indeterminato: per questo sarebbe utile riconsiderare le attuali regole restrittive nei confronti del lavoro a termine, almeno fino al consolidamento delle prospettive di crescita economica........(........).........Inoltre, si segnala l’opportunità di fruire, a partire dal 2014, del nuovo fondo istituito dall’Unione europea proprio per agevolare l’occupazione dei giovani, specie nelle aree geografiche economicamente più in difficoltà"
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