"Quando incontriamo qualcuno e ci innamoriamo abbiamo l'impressione che tutto l'universo sia d'accordo.
Oggi l'ho visto accadere al tramonto.
Ma se qualcosa va storto, non resta nulla!
Nè gli aironi, nè la musica in lontananza, nè il sapore delle sue labbra.
Come può scomparire tanto rapidamente la bellezza che c'era pochi minuti prima?
La vita scorre molto veloce: ti fa precipitare dal cielo all'inferno in pochi secondi"
(Paulo Coelho, Undici minuti)
giovedì 31 maggio 2007
domenica 13 maggio 2007
Carpe diem - Orazio (Carm. 1, 11, 8)
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Egregius
Carpe diem (lett. "Cogli l'oggi", normalmente tradotta in "Cogli l'attimo") è una locuzione tratta dai Carmina del poeta latino Orazio (Carm. 1, 11, 8).
Viene di norma citata in questa forma abbreviata, anche se sarebbe opportuno completarla con il seguito del verso oraziano: "quam minimum, credula postero" ("confidando il meno possibile nel domani").
Spesso male interpretata e identificata con un gretto opportunismo o con il più gaudente edonismo, la "filosofia" oraziana del carpe diem si fonda sulla razionale considerazione che all'uomo non è dato di conoscere il futuro, né tanto meno di determinarlo.
Solo sul presente l'uomo può intervenire e solo sul presente, quindi, deve concentrarsi il suo agire, che, in ogni sua manifestazione, deve sempre cercare di cogliere le occasioni, le opportunità, le gioie che si presentano oggi, senza alcun condizionamento derivante da ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro.
Si tratta di una «filosofia» che pone in primo piano la libertà dell'uomo nel gestire la propria vita, un invito a essere responsabili del proprio tempo, perché, come dice il Poeta stesso nel verso precedente, "Dum loquimur, fugerit invida aetas" ("Mentre parliamo, il tempo invidioso sarà già passato").
(tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Carpe_diem)
"La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti"
(Anthony De Mello)
Viene di norma citata in questa forma abbreviata, anche se sarebbe opportuno completarla con il seguito del verso oraziano: "quam minimum, credula postero" ("confidando il meno possibile nel domani").
Spesso male interpretata e identificata con un gretto opportunismo o con il più gaudente edonismo, la "filosofia" oraziana del carpe diem si fonda sulla razionale considerazione che all'uomo non è dato di conoscere il futuro, né tanto meno di determinarlo.
Solo sul presente l'uomo può intervenire e solo sul presente, quindi, deve concentrarsi il suo agire, che, in ogni sua manifestazione, deve sempre cercare di cogliere le occasioni, le opportunità, le gioie che si presentano oggi, senza alcun condizionamento derivante da ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro.
Si tratta di una «filosofia» che pone in primo piano la libertà dell'uomo nel gestire la propria vita, un invito a essere responsabili del proprio tempo, perché, come dice il Poeta stesso nel verso precedente, "Dum loquimur, fugerit invida aetas" ("Mentre parliamo, il tempo invidioso sarà già passato").
(tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Carpe_diem)
"La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti"
(Anthony De Mello)
sabato 5 maggio 2007
Alea iacta est - Svetonio nel suo De vita Caesarum
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Egregius
Alea iacta est è una locuzione latina che viene tradotta in lingua italiana come "Il dado è tratto".
È una frase attribuita da Svetonio nel suo De vita Caesarum (Divus Iulius) a Giulio Cesare che la proferì dopo aver varcato, nella notte del 10 gennaio del 49 a.c, il fiume Rubicone alla testa di un esercito, violando apertamente così la legge che proibiva l'ingresso armato dentro i confini dell'Italia e dando il via alla prima guerra civile.
La Guerra civile romana del 49a.c., nota anche come Guerra civile di Cesare, è uno degli ultimi conflitti sorti all'interno della Repubblica Romana (Res Publica Romana).
Essa consistette in una serie di scontri politici e militari fra Giulio Cesare, i suoi sostenitori politici, e le sue legini, contro la fazione tradizionalista e conservatorista nel Senato Romano, chiamati anche Optimates, spalleggiata dalle legioni di Pompeo.
Questa guerra civile aprì la strada alla fine della Roma repubblicana, a cui sarà dato il colpo di grazia dall'esito della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio (terminata con la battaglia di Azio del 31 a.C.).
Gli effetti della guerra civile di Cesare portarono profondi cambiamenti nelle tradizioni politiche della repubblica che da questo punto in poi non furono più recuperati.
Questa frase - divenuta celeberrima specialmente nella versione in italiano - viene presa come motto e si cita quando si prende una decisione dalla quale non si può più recedere.
(tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Alea_iacta_est)
È una frase attribuita da Svetonio nel suo De vita Caesarum (Divus Iulius) a Giulio Cesare che la proferì dopo aver varcato, nella notte del 10 gennaio del 49 a.c, il fiume Rubicone alla testa di un esercito, violando apertamente così la legge che proibiva l'ingresso armato dentro i confini dell'Italia e dando il via alla prima guerra civile.
La Guerra civile romana del 49a.c., nota anche come Guerra civile di Cesare, è uno degli ultimi conflitti sorti all'interno della Repubblica Romana (Res Publica Romana).
Essa consistette in una serie di scontri politici e militari fra Giulio Cesare, i suoi sostenitori politici, e le sue legini, contro la fazione tradizionalista e conservatorista nel Senato Romano, chiamati anche Optimates, spalleggiata dalle legioni di Pompeo.
Questa guerra civile aprì la strada alla fine della Roma repubblicana, a cui sarà dato il colpo di grazia dall'esito della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio (terminata con la battaglia di Azio del 31 a.C.).
Gli effetti della guerra civile di Cesare portarono profondi cambiamenti nelle tradizioni politiche della repubblica che da questo punto in poi non furono più recuperati.
Questa frase - divenuta celeberrima specialmente nella versione in italiano - viene presa come motto e si cita quando si prende una decisione dalla quale non si può più recedere.
(tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Alea_iacta_est)
mercoledì 2 maggio 2007
Memento audere semper
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Egregius
Memento audere semper è una locuzione in lingua latina coniata dallo scrittore e poeta italiano Gabriele D'Annunzio.
Il suo significato è quello di "Ricorda di osare sempre".
Può essere in qualche modo accostato - anche se in questo caso la funzione esortativa ad assumere dei rischi è decisamente più marcata - ad un altro motto latino molto conosciuto: Audaces fortuna iuvat.
Desumendola direttamente dall'acronimo MAS, il poeta intendeva rendere omaggio con tale frase allo strumento bellico denominato Motoscafo anti sommergibile - derivato dalla Motobarca Armata SVAN - in uso nella prima guerra mondiale.
Desumendola direttamente dall'acronimo MAS, il poeta intendeva rendere omaggio con tale frase allo strumento bellico denominato Motoscafo anti sommergibile - derivato dalla Motobarca Armata SVAN - in uso nella prima guerra mondiale.
Questo tipo di imbarcazione sarà poi impiegato in maniera massiccia durante la seconda guerra mondiale dalla celeberrima X MAS.
Lo stesso D'Annunzio - la cui residenza del Vittoriale degli italiani a Gardone riviera ospita tuttora un esemplare di MAS - aveva partecipato al battesimo di fuoco di questo mezzo da guerra partecipando a quella che passerà alla storia come la Beffa di Buccheri (impresa compiuta tra la notte del 10 e 11 febbraio 1918, nella quale D’Annunzio si era prestato volontario).
Insieme ad un'altra famosa locuzione - Habere non haberi ("Possedere, non essereposseduto") - quella di Memento audere semper è una delle più conosciute massime dannunziane.
(tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Memento_audere_semper)
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